Il Messaggero di S. Antonio – Settembre 1937: L’opera del Pane dei Poveri di Sant’Antonio in Basilica

Il Messaggero di S. Antonio – Settembre 1937: L’opera del Pane dei Poveri di Sant’Antonio in Basilica

Il Direttore Padre Placido rievoca il fatto prodigioso che diede origine al Pane dei Poveri, opera di carità tuttora molto attiva.

Il pane di Sant'Antonio

L’origine dell’opera del Pane dei Poveri non è, come si va scrivendo, di data recente ma molto antica.

Ebbe però uno sviluppo meraviglioso sul finire del secolo passato essendo sorte figure grandi del sacerdozio e del laicato che ve la sostennero e la illustrarono al popolo cristiano.

Ma ripeto l’origine va cercata agli inizi del culto antoniano.

Il Rigaud ci racconta questo miracolo avvenuto circa il 1293 quando si dava l’ultima mano nei lavori di costruzione della Basilica, rimasti sospesi durante la tirannide deli Ezzelini.

Un bambino di venti mesi chiamato Tommasino, trastullandosi un giorno nei pressi della Basilica, cadde nella vasca che serviva per i lavori del Santuario, trovandovi la morte.

Ritornata a casa la madre si dava a cercare il figliuolo e lo trova cadavere.

Alle grida di strazio accorre il vicinato, i Frati del Santo e gli operai che attendevano ai lavori della Basilica.

Mentre tutti la compassionavano, lei, con grande fiducia nella virtù taumaturgica del Santo, fa voto che offrirà tanto frumento ai poveri, quanto – vivo – peserà il suo bambino.

Il Santo accolse questo voto sincero.

Tommasino aprì gli occhi e le braccia alla madre felice.

Certamente i Frati che avevano assistito a quel prodigio avranno consigliato i fedeli a rinnovare la promessa di offrire pane ai poverelli di Cristo per avere dal Signore per intercessione del anto altri benefici.

L’opera del Pane incominciava perciò qui nella Basilica con un prodigio del Santo.

Chi poi raccolse l’incarico di pensare ai poverelli furono i Frati e i Confratelli della Scuola del Santo.

Negli Statuti dell’antichissima Arciconfraternita l’obbligo di aiutare e pensare ai poveri era uno dei doveri principali.

Ecco perché chi entra nella bella Sala della Scuola [oggi conosciuta come Sala priorale] troverà subito alla porta un affresco – lo si dà al Tiziano – che rappresenta il Priore nell’atto di distribuire il Pane.

Oggi il Pane di S. Antonio viene distribuito da un Frate del Santo due volte al giorno. Alcuni quintali di pane passano a mitigare la povertà di tanta ente che stende con fiducia la mano al Santo benefico.

… … …

I fedeli di tutto il mondo scrivendo a Padova offrono il loro pane non solo ai Poveri della Città ma si ricordano pure della povertà dei nostri Fratini e della povertà dei nostri Missionari.

È sempre il Santo benedetto che pensa a tutti i bisognosi.

È così bello vedere nelle famiglie cristiane l’insegnamento continuo dei genitori che ai figliuoli additano il «salvadanaio» perché essi imparino a pensare ai poveri più lontani e a riflettere che non tutti hanno il pane quotidiano e che tutti lo chiedono ogni giorno al Signore con l’accento c’Egli stesso ci mise sulle labbra.

È il precetto della carità che attraverso questa benefica Opera viene reso pratico e facile.

«Date e vi sarà dato» – ha detto Gesù: date la vostra offerta anche umile a colui che nulla ha e tutto attende e avrete favori spirituali e grazie temporali.

Padre Messaggero

È doveroso qui ricordare che anche il Servo di Dio Placido Cortese fu intermediario, silenzioso ma efficace, affinché il pane giungesse a chi ne aveva bisogno, in un periodo di acuta sofferenza come fu quello della seconda guerra mondiale. La Tipografia del Messaggero di S. Antonio divenne un grande deposito di derrate alimentari e da qui partivano i pacchi destinati alle famiglie povere ed anche ai prigionieri nei campi di concentramento in Germania. Durante l’occupazione tedesca di Padova (1943-1944), Padre Placido non fece mancare il pane ed altro ai perseguitati e ai ricercati, come si apprende da una preziosa relazione di don Girolamo Tessarolo, parroco del Torresino in Città, che aveva nascosto alcuni militari inglesi: “Il sottoscritto parroco del Torresino attesta che durante tutto il tempo della cospirazione a mantenere di vitto i prigionieri inglesi rifugiatisi presso di me, mi aiutarono settimanalmente in giorni fissi il Seminario, il collegio Barbarigo, il collegio Dimesse, le suore dell’asilo Rossi, il cavaliere Armando Boscolo. Il pane e il vestiario mi fu sempre fornito dal padre Cortese del Santo”.

Ma Padre Placido non si era limitato al pane e al vestiario. Infatti, poco prima lo stesso don Tessarolo scrive: “Durante la permanenza di questi prigionieri (inglesi) il parroco li visitava ogni giorno; a tutti donò il catechismo cattolico in lingua inglese (libretti avuti dal padre Cortese, del convento del Santo)”.

Sono questi alcuni degli episodi, molti dei quali resteranno sconosciuti, che testimoniano della carità del Servo di Dio Placido Cortese.