CROCE E RISURREZIONE, LA PASQUA DI PADRE PLACIDO

CROCE E RISURREZIONE, LA PASQUA DI PADRE PLACIDO

Auguri dalla Basilica

Con i pensieri dei martiri Placido Cortese e Teresa Benedetta della Croce giunga a tutti l’augurio cordiale di pace e di speranza, con le parole della liturgia pasquale:

Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello.
Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa.
Sì, ne siamo certi: Cristo è davvero risorto.
Tu, Re vittorioso, abbi pietà di noi.

L’altare maggiore della Basilica del Santo a Padova, ornato con i bronzi di Donatello.
Su tutti svetta il mirabile Crocifisso (1444-1449)

La Pasqua, per il cristiano, è non solo il centro dell’anno liturgico, “la festa delle feste”, come si esprimono gli orientali, ma il nucleo essenziale della sua fede, nel quale egli è stato battezzato, cioè “immerso”, ricevendo una nuova identità, segnato per sempre dalla persona – vita, pensiero, azione – del suo Signore, il Cristo Crocifisso e Risorto, del quale si è “rivestito”. Pertanto, la strada da percorrere, per il discepolo di Gesù Cristo, è quella stessa del suo Maestro, che è insieme Via Crucis e Via Lucis, un percorso che le celebrazioni pasquali ripresentano nel solenne Triduo del Venerdì di Passione, del Sabato della Sepoltura e della Domenica di Risurrezione. Non c’è Pasqua cristiana senza ciascuno di questi tre giorni definiti “Santi”, dai quali scaturiscono e ricevono fondamento tutte le altre celebrazioni e feste dell’anno liturgico.

Nel marzo del 1940, quando ormai è divampato il fuoco della tragica guerra che avrebbe incendiato il mondo, Padre Placido scrive questo editoriale, che in filigrana offre significativi tratti autobiografici e profetici –  una costante, questa, negli scritti del nostro Servo di Dio –  un testo che sembra anticipare la sua personale Via Crucis, la sua Pasqua, che sì compì “fuori dall’accampamento”, lontano dalla città che lo vide protagonista di gesti d’amore senza numero:

Settimana Santa nella Basilica di S. Antonio

Settimana Santa nella Basilica di S. Antonio, dalla Domenica delle Palme alla Veglia pasquale

Il cantico di gioia

Ritratto di Padre Placido Cortese

Ritratto di Padre Placido Cortese, dipinto di Silvano Vecchiato (MSA, 2007)
Visibili gli strumenti della tortura

La liturgia della Pasqua, che racchiude i ricordi della passione e della risurrezione del Signore, dalla domenica delle Palme alla domenica in Albis, è un poema di bellezza che porta alle anime, che sanno meditare, tanta pace e tanta luce.

La Chiesa prima di alzare in alto il cantico dell’esultanza, l’Exultet, presenta tutta una settimana di dolori. Il Cristo doveva patire prima di entrare vincitore della morte nel suo regno.

E la sua è la nostra via se vogliamo essergli conformi in tutto. Egli ha patito e sofferto per noi perché voleva che la nostra vita non fosse retta da illusioni o da vane speranze. Il premio della beatitudine senza fine è solo delle anime che avranno imitato Lui: delle anime che avranno saputo prendere ogni giorno la propria croce e seguirlo.

E questo richiamo all’amore della Croce, insegna di sicura vittoria, ci viene incontro oggi con maggiore necessità, mentre i figli delle tenebre si schierano contro il Signore e deridono il Cristo crocifisso, quando vediamo ripetersi la scena sotto la croce e udiamo il grido blasfemo: “Se è figlio di Dio, discenda dal legno”.

No, Egli non discenderà dal legno della gloria. Egli solo così elevato trarrà le anime a Lui e regnerà dall’alto nei secoli.

L’umanità, in quest’ora di tenebre, sia richiamata dalla luce del Cristo. I popoli comprendano che solo per virtù del legno della Croce siamo stati salvati e che il sangue del Redentore ci ha fatti fratelli. La pace allora sorgerà luminosa e la Chiesa innalzerà il cantico del tripudio al Re immortale dei secoli.

Padre Placido Cortese
Messaggero di S. Antonio – Marzo 1940

PADRE PLACIDO RIVIVE LA PASSIONE DI CRISTO

I vangeli della passione riferiscono con molto realismo degli insulti al Cristo sofferente e anche dello scherno, della derisione nei confronti dell’Innocente condannato. L’insulto nasce dall’odio, dall’ira nei confronti di qualcuno che era temuto e che ora è finalmente reso impotente; lo scherno invece indica il disprezzo. A Gesù sottoposto ai flagelli e crocifisso non sono stati risparmiati né gli insulti né la derisione. Lo ricorda anche Padre Placido nel suo articolo. E questo “fuori dall’accampamento” (cfr. Levitico, cap. 16), fuori dalla città santa di Gerusalemme. L’accampamento, ai tempi dell’esodo, e successivamente la città santa, consacrati dalla presenza del Signore, erano per gli ebrei il simbolo della sacralità del popolo di Dio. Essere portati fuori da questi sacri contesti significava l’orrore dell’esclusione dal popolo eletto. Tutto questo è avvenuto nella passione di Cristo e, a ben guardare, si è ripetuto nella passione e morte di Padre Placido, portato fuori dal suo amato convento del Santo, lontano dalla basilica alla quale era legato da uno straordinario affetto, caduto nelle mani di implacabili torturatori, fatto oggetto – nella lugubre sede della polizia segreta nazista a Trieste – di orribili torture, con il vilipendio del suo corpo fino alle estreme conseguenze. Ben a ragione il nostro martire avrebbe potuto ripetere, sull’esempio di Gesù crocifisso, il Salmo 21: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, mentre attorno alla sua e alle altre celle nei sotterranei di piazza Oberdan, sibilavano le imprecazioni, gli insulti e il dileggio dei carnefici.

E poi il silenzio del Sabato Santo, in attesa dell’alba della Domenica di Risurrezione. Per Padre Placido si è trattato di un lungo Sabato Santo, decenni di attesa prima che si risvegliasse, provvidenzialmente, la memoria di lui, mai spenta del tutto, come un fuoco che sotto la cenere attende di essere liberato e divampare. E così è stato, grazie all’emergere di preziose testimonianze che hanno fatto “risorgere” la sua persona, il ricordo della sua carità, del suo prodigarsi per il prossimo bisognoso, sempre sostenuto dall’amore di Cristo: “Charitas Christi urget me” (cfr. 2 Cor 5,14), aveva scritto in una lettera già nel 1933.

Autografo Padre Placido Cortese

La Pasqua di Padre Placido attende ora di essere compiuta anche qui in terra, con il riconoscimento delle sue virtù e la glorificazione da parte della Chiesa: testimone della fede e della carità, martire di Cristo!

In questa Pasqua del 2021 guardiamo con speranza alla Croce gloriosa del Signore, mentre l’umanità è ancora alle prese con una pandemia che ha già segnato profondamente la vita delle persone, delle famiglie, delle nazioni, con il tributo di innumerevoli lutti e sofferenze, senza dimenticare i molti focolai di guerra che ardono qua e là, le preoccupazioni per l’economia e il futuro dei nostri giovani, i problemi e le difficoltà che agitano la vita sociale.

Sono illuminanti e profetiche le parole che S. Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein, 1891-1942), carmelitana e compatrona d’Europa, scrisse durante la tempesta della seconda guerra mondiale in cui ella venne prima deportata ad Auschwitz-Birkenau e poi uccisa, il 9 agosto 1942, nella camera a gas, solo perché ebrea:

 

S. Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein)

S. Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein), Compatrona d’Europa
Martire ad Auschwitz nel 1942

Ti salutiamo, Croce santa, nostra unica speranza!”. Così la Chiesa ci fa dire nel tempo di passione dedicato alla contemplazione delle amare sofferenze di Nostro Signore Gesù Cristo.

Il mondo è in fiamme: la lotta tra Cristo e anticristo si è accanita apertamente, perciò se ti decidi per Cristo può esserti chiesto anche il sacrificio della vita.

Contempla il Signore che pende davanti a te sul legno, perché è stato obbediente fino alla morte di Croce… Stai davanti al Signore che pende dalla Croce con il cuore squarciato: Egli ha versato il sangue del suo Cuore per guadagnare il tuo cuore…

Il mondo è in fiamme: l’incendio potrebbe appiccarsi anche alla nostra casa, ma al di sopra di tutte le fiamme si erge la Croce che non può essere bruciata. La Croce è la via che dalla terra conduce al cielo. Chi l’abbraccia con fede, amore, speranza viene portato in alto, fino al seno della Trinità.

Il mondo è in fiamme: desideri spegnerle? Contempla la Croce: dal Cuore aperto sgorga il sangue del Redentore, sangue capace di spegnere anche le fiamme dell’inferno…

Attraverso la potenza della Croce puoi essere presente su tutti i luoghi del dolore, dovunque ti porta la tua compassionevole carità, quella carità che attingi dal Cuore divino e che ti rende capace di spargere ovunque il suo preziosissimo sangue, per lenire, salvare, redimere.

Gli occhi del Crocifisso ti fissano interrogandoti, interpellandoti. Vuoi stringere di nuovo con ogni serietà l’alleanza con lui? Quale sarà la tua risposta?

“Signore, dove andare? Tu solo hai parole di vita”.

Teresa Benedetta della Croce – Edith Stein,
Carmelitana – Compatrona d’Europa
Scritti spirituali

Il Crocifisso del Giubileo della Misericordia (2015-2016)

Padova, Basilica di S Antonio – Il Crocifisso del Giubileo della Misericordia (2015-2016)