Ci hanno preceduto… lutti tra gli amici e i testimoni di Padre Placido Cortese

Ci hanno preceduto… lutti tra gli amici e i testimoni di Padre Placido Cortese

Lo scorrere inesorabile del tempo è segnato costantemente dalla perdita di persone che abbiamo conosciuto o che sono state significative per il nostro cammino esistenziale. Vale anche per la schiera di amici, testimoni e protagonisti della vicenda storica di Padre Cortese: il loro numero si è progressivamente e drasticamente ridotto, da quando sono iniziate le ricerche e avviato l’iter per introdurre la causa di beatificazione, tra la fine del secolo scorso e l’inizio dell’attuale.

PADRE GIORDANO TOLLARDO (1920-2022)

PADRE GIORDANO TOLLARDO

Ci ha lasciato il 30 aprile 2022, all’età di 101 anni. Lo ricordiamo per la sua testimonianza schietta su Padre Placido Cortese, ripresa in queste pagine in occasione del suo centesimo compleanno.

Al giovanissimo fra Giordano, “fratino” a Cherso negli anni 1934-36, Padre Placido scattò una fotografia, che egli sempre conservò.

PADRE IRENEO STRAPPAZZON (1925-2022)

Padre Ireneo Strappazzon

Religioso dinamico e sempre operoso, fino alla fine, lo ricordiamo con gratitudine per aver incontrato un importante testimone di Padre Cortese. Si è spento a Padova il 25 maggio 2022, a 97 anni da poco compiuti.

Visse per molto tempo nella Custodia di Francia dei Frati Minori Conventuali e soggiornò anche a Parigi. Notevole fu il suo impegno per far conoscere la figura di Sant’Antonio di Padova, traducendo in francese i “Sermones” del Santo e curando altre pubblicazioni.

Fu proprio durante la sua permanenza nella capitale francese che egli visitò, nella sua casa, il pittore sloveno Anton Zoran Mušič (1909-2005) e ascoltò dalla sua voce quanto egli ricordava di Padre Placido, prigioniero nella sede della Gestapo a Trieste, in piazza Oberdan, dove anch’egli era stato trattenuto, prima di essere poi mandato nel campo di concentramento di Dachau. All’incontro era presente anche la consorte di Mušič, la veneziana Ida Cadorin (1920-2018), che sottoscrisse assieme al marito il testo poi inviato da padre Ireneo all’Arcivescovo emerito di Gorizia, Mons. Antonio Vitale Bommarco, che lo aveva espressamente incaricato di incontrare l’artista sloveno. Si trattò di una conferma di quanto in precedenza affermato o pubblicato (Intervista a Ivo Jevnikar – Venezia, 28 dicembre 1982; Intervista a Marco Coslovich – Venezia, 17 gennaio 1997, pubblicata in AA. VV., Mušič testimone a Dachau, Trieste 1997; Testimonianza di Janez Ivo Gregorc, Ginevra, 11 gennaio 2000).

Mi ricordo ancora che nel bunker di piazza Oberdan c’era un sacerdote, un certo Padre Cortese di Padova… che veniva costantemente malmenato ed orribilmente torturato. Le sue mani erano completamente frantumate. Un giorno venimmo trasportati tutti in Questura per fare le foto segnaletiche e prendere le impronte digitali. In quell’occasione potei osservare come la schiena di Padre Cortese fosse una sola piaga… Era una persona squisita.

Anton Zoran Mušič

Mušič mi raccontò che udiva come il padre pregava sempre a mezza voce, ciò che lo colpì poi era la sua volontà, la fermezza e la fede del piccolo e fragile padre, che non si arrese e non tradì nulla.

Janez Ivo Gregorc

Recentemente il padre Strappazzon raccontò al Vicepostulatore un particolare inedito dell’incontro con Mušič: questi gli aveva confidato di aver udito, nel famigerato bunker della Gestapo a Trieste, le grida di dolore di Padre Cortese, mentre veniva torturato.

Anton Zoran Mušič e la moglie Ida Cadorin conclusero la loro esistenza terrena a Venezia e ora riposano nel cimitero di S. Michele in Isola della città lagunare. Una famiglia, con i genitori di lei, di artisti.

BORIS PAHOR (1913-2022)

Tra i protagonisti della storia travagliata del XX secolo, se n’è andato con i suoi 108 anni il 30 maggio 2022. “Sembrava che il tempo trascorso nei campi di concentramento e la fame patita da bambino l’avessero reso quasi immortale. Triestino di lingua slovena e fecondo scrittore, è da annoverare tra i testimoni e le vittime dei totalitarismi, dai fascismi a Tito.

In “Necropoli”, il più noto tra i suoi libri, raccontò l’esperienza dei lager nazisti. Profondamente sincero e coerente con le sue idee, consapevole del suo ruolo di memoria storica del ’900, Boris Pahor ha sempre sentito il dovere morale di denunciare la deriva etica dei nostri tempi, mettendo in guardia i giovani sul male che ha attraversato il XX secolo” (Riccardo Michelucci, in Avvenire, 31 maggio 2022).

Per noi rimane fondamentale la sua testimonianza in video raccolta in occasione del docufilm “Il coraggio del silenzio”, realizzato nel 2006 e dedicato a Padre Placido Cortese, raccontando, per diretta esperienza, gli orrori che avvenivano nella sede della Gestapo di piazza Oberdan a Trieste.

Nel 2010 diede alle stampe il volume: Piazza Oberdan, “luogo dove convergono i ricordi dolorosi del Novecento”, come egli lo definiva. In quest’opera, così scrisse Boris Pahor di Padre Placido:

… Un francescano di Cres/Cherso che prima del passaggio dell’isola sotto l’Italia era stato alunno della scuola di Cirillo e Metodio. Questo legame con la lingua croata gli facilitò i contatti con i detenuti sloveni nel campo di internamento di Chiesanuova, non lontano da Padova, dove il frate redigeva il foglio della comunità francescana di Sant’Antonio. Il minorita, simpatico e lucido, si prodigava, come sappiamo ora, nella missione evangelica; quando poi iniziò il periodo del terrore nazista, fece il possibile e l’impossibile per salvare… E, se non fosse stato tradito, probabilmente avrebbe continuato la sua missione cristiana. Così, dopo essere stato sequestrato a Padova all’esterno del convento, venne condotto nelle segrete sotto piazza Oberdan. Questo avvenne agli inizi dell’ottobre del 1944; alcuni giorni prima avevano trasferito là anche il pittore Zoran Mušič. Questi ebbe la cella accanto a quella del frate, che entrando nell’ordine aveva scelto di chiamarsi Placido. Mušič raccontò che il giovane francescano continuava a implorare e ad assicurare che non aveva tradito nessuno. Qualcuno lo vide completamente prostrato e con le dita spezzate. Io invece me lo immagino in una lotta spirituale per non tradire qualcuno, nonostante le torture, soprattutto perché si trattava di una persona serena, abituata a stare a fianco delle persone, messa di punto in bianco davanti al dilemma tra il trapasso e il tradimento… Questo francescano fu senza dubbio uno dei Cristi del XX secolo. I suoi confratelli a ragione si sforzano affinché venga annoverato tra i beati: chi di noi affrontò prove meno difficili delle sue può soltanto inchinarsi di fronte a un così eroico donare se stesso.

Boris Pahor