Giuseppe Sarto

Giuseppe Sarto

San Pio X

Sua Santità Pio X (1835-2014)

Non si può pensare a un veneto che non sia devoto di S. Antonio di Padova e Pio X era veneto schietto.

Sappiamo che a Riese nella Chiesa c’era l’altare del Santo. Perciò con la grande devozione per la Vergine crebbe, nella sua tanto cara Chiesa Parrocchiale, pure quella per il Santo che fu suo Protettore speciale.

E il Santo protesse veramente questo suo figlio affezionato e devoto.

Ci sono nella vita del Sarto tali coincidenze di date che saranno fortuite ma è bene notarle.

Giuseppe Sarto nasce a Riese il 2 giugno – nel mese consacrato a S. Antonio, nei giorni della Tredicina – del 1835.

Avrà certamente pensato il Sarto a questo negli otto anni passati nel Seminario di Padova – dal 1850 al 1858 e nelle sue frequenti visite al Santo avrà chiesto al Taumaturgo il dono dell’apostolato.

E avrà questo dono ma si verificherà pure nella sua vita quello che leggiamo nella vita del Santo.

S. Antonio nasconde la sua grande scienza a Monte Paolo e si rivela a Forlì con un discorso d’occasione; Pio X vive per 9 anni a Tombolo come semplice umile cappellano e si rivela a Treviso nel 1866 con il panegirico di S. Antonio.

Più tardi, il 12 giugno 1893 verrà creato Cardinale e il giorno 15 dello stesso preconizzato Patriarca di Venezia.

Ma l’ascesa di Pio X è dovuta al panegirico di S. Antonio recitato a Treviso il 1866.

Da quello che ampiamente scrive il Marchesan il futuro Papa doveva proprio esordire con S. Antonio!

Il 20 aprile 1866 il suo Parroco Don Costantini scriveva all’amico Tositti: «Don Beppi fornì laudabiliter la sua quaresima a Godego. Fama volat. Ieri per lettera veniva invitato a recitare il panegirico di S. Antonio, a Montebelluna, e doveva rifiutarsi perché impegnato per la cattedrale di Treviso». E in calce della lettera: «Della confidenza del Panegirico non farne con alcun parola».

Fu il Costantini che combinò, con il Canonico Luigi Marangoni, la recita di quel panegirico a Treviso.

Egli era certo che i Superiori non conoscendo il Sarto, avendo questi studiato nel Seminario di Padova, lo avrebbero conosciuto con quel discorso.

Il buon parroco profeticamente scriveva all’amico ricordato sopra: «Il giorno 13 prossimo il nostro Don Beppi salirà il pulpito della Cattedrale per il panegirico di S. Antonio. Come sapete, io non sto bene e non posso muovermi; fate voi le mie veci: andate ad ascoltarlo insieme con altri amici, e riferitemi poi l’esito, i giudizi, le impressioni. Don Beppi è un buono e bravo giovine. Attendete alle mie parole. Presto lo vedremo parroco d’una delle più importanti parrocchie della diocesi, poi con le calze„ rosse; e poi…?».

E il discorso fu davvero la rivelazione dell’ingegno del Sarto.

Il giovane Cappellano di Tombolo – aveva 31 anni s’impose ai Trevisani che in quel giorno affollavano il Duomo. Nel Diario d’uno che udì questo panegirico – Alessandro Pozzan – – si legge: «L’ umiltà esaltata; un felice parto di giovane ingegno. Durava un’ora e un quarto. Belle immagini; stile fiorito. Nell’esordio ha toccato la venerata ricordanza di Mons. Sebastiano Soldati, vescovo, cosi teneramente divoto del grande Taumaturgo, dicendo che allora la sua anima, forse aleggiando d’ intorno, si compiaceva del continuato fervoroso culto all’eroe Lisbonese (istituito da lui, che era padovano)».

Il Cappellanus de Cappellanis di Tombolo, dopo quella rivelazione non avrà più intorno a sé solitudine ma aperto un cammino di luce. Il 4 maggio del 1867 lo stesso Vescovo lo inviterà a concorrere per parroco e lo sarà di Salzano.

Ma dopo altri nove anni passerà a Treviso.

Il Sarto, nel suo nuovo ufficio, avrà più modo di farsi conoscere come forbito e apprezzato predicatore della parola di Dio.

Ed Egli che aveva esordito con il panegirico di S. Antonio sarà chiamato dai Frati del Santo per recitare il panegirico di S. Francesco nel 1880 e per tenere la tredicina in preparazione della festa di S. Antonio in Basilica. La predicazione della tredicina è una delle più importanti per Padova e la ragione è manifesta. All’ultimo giorno di essa interviene lo stesso Vescovo che ascolta la predica dal trono innalzato nella crociera.

I Frati chiamano perciò i migliori oratori.

L’oratore in quei giorni è ospite del Convento e viene ad abitare una stanza chiamata «del Predicatore».

Mons. Sarto venne una prima volta nel 1881. Ritornò poi soltanto tre anni più tardi per la tredicina del 1884.

Qui Egli ebbe modo di conoscere i Frati Minori Conventuali e di amarli.

Nella prima udienza che eletto Papa concesse ad essi Egli dirà che i Minori Conventuali del Santo sono stati sempre i suoi Protettori.

Parola che dice tanto e che fa pensare. Il Sarto anche a Treviso ebbe le sue croci e i suoi sconforti. Al Santo avrà trovato il Padre che gli avrà detto la parola fraterna e lo avrà incoraggiato a proseguire in pace una via ch’era segnata da Dio!

Infatti sappiamo che in questa seconda tredicina – per preparare la prima egli si alzava alle tre del mattino – ebbe un momento di sconforto, forse causato dalla stanchezza. Ebbe anche un po’ di febbre.

Ad un amico del Seminario che gli aveva mandati gli auguri per il compleanno scriveva il 2 giugno di quel 1884: «Grazie della tua Memoria e delle mille felicitazioni, che ho lette nel tuo biglietto. Che magra consolazione! aver raggiunto il mezzo secolo, e vicini tanta al redde rationem, esser così lontani da quelle disposizioni, che ci rendono propizio chi giudica le stesse giustizie. Non meravigliarti: è l’argomento, che mi occupò tutto il dì, né valse a levarmelo dalla mente 1’altro più splendido dell’aspirazione dell’apostolato; il martirio, cui anelava S. Antonio».

E uomo che così pensava di sé non poteva non essere da Dio scelto a cose grandi.